Mi apparisti vestita e più carpita da me più che tu non lo fossi. Misurarti la vita mi pare proprio che sia tutto quello che posso. La bellezza riunita ha più difesa di sé; mi dicesti "Sospira". Come chi si ritrae con il dito chiedendo silenzio; la totale pienezza di te dal mio braccio destro si disincagliava e calava nell'ansa del sinistro, mista alle piegature, e declinava. Di te, in te stessa, l'attività assoluta era una lotta contro la natura che è dimessa al vento, succube alla furia. Ma tu non soccombevi, eri impennata sulla tua forma finita e creata. E la tua finitezza superavi sapendo, di te stessa, non solo di convessa, di concava, di cava, umana, pelle umana. E la realtà finiva e il vero cominciava. Certo imbruniva, ma imbruniva fuori. All'interno i colori erano luci spente, umiliate dalla tua bocca ponente. Dopo un po' si vedeva soltanto quello che può perdonare la vista. E scoprire le gambe, fu qui la tua miglioria, per distinguere meglio. Ogni tuo gesto è compreso in tutto quello che sa di te stessa quel gesto.