E da quel punto in poi sentimmo sotto di noi svolgersi il sentimento, largo e intento ad una tutta sua meditazione, non curante che sopra la sua pelle si ballasse. Le foglie coi barattoli, le casse con i tronchi senza cuore. E lo scandaglio calava dalle prore, poi ritornava su chiedendosi "Perché, perché il ritorno?". È sempre per prova che sulle labbra torna la parola "amore", per prove d'esercizio perché si sa che poi non si sa mai che potrebbe tornare utile. Tornare, per raccontare il furore e il gelo delle notti aurore. Bianca e assai provata, scampata per un pelo per poter ritornare, come dalle crociate, a un futile sopravvissuto a tutto, che ritorna più utile che vivo, quindi innamorato ancora. E torna, torna, lei gli ha detto torna ed era una bambina, finalmente, e gli diceva torna. Abbiamo un solo limite: l'amore che ci divide. Come la ragione, perché con la ragione si sopravvive a tutto, si distrugge il distrutto, ricostruendo a intarsi la copia fedele dell'innamorarsi, e un tassello alla fine o è dell'uno o è dell'altro. E i sogni si allontanano come i cavalli scossi, caduti i sognatori; bocconi tra le fragole, ma più dolci e più rossi, ridotti a dolenti spifferi. E docili incompetenti nella lotta incerta tra il ridire e il fare l'amore colloquiale. E lei continua a dirsi: "Si sopravvive a tutto per innamorarsi". Amarsi è questo: escludere d'essere i soli al mondo, i soli ad esser soli amando, sterminandola l'invincibile armata.